Nell’ambito del progetto “Abitare il Bosco”, l'Associazione InCreaSe ha predisposto un Manifesto, al cui interno è sintetizzata la visione e la filosofia con cui l'Associazione propone di affrontare lo sviluppo e la valorizzazione dei boschi.

Il manifesto "Abitare il Bosco",  è stato inizialmente condiviso con i Soci e i collaboratori di InCreaSe, per un riscontro sui contenuti. In seguito, è stato proposto alla firma di un primo elenco di Associazioni particolarmente attente e vicine alle questioni affrontate nella ricerca. E, da ottobre 2022, è finalmente attivo il form online per la raccolta delle sottoscrizioni individuali

Enti, Istituzioni, Organizzazioni e Imprese che volessero sottoscrivere il manifesto possono farlo seguendo le istruzioni pubblicate al fondo di questa pagina o scrivendo una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

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ABITARE IL BOSCO

MANIFESTO PER L’INTEGRAZIONE DEI BOSCHI NELLE COMUNITÀ

#bosco #comunità partecipata #valorizzazione territoriale #educazione ambientale #selvicoltura #servizi ecosistemici #increase-group #manifesto

 

Premessa 

A livello mondiale, il FAO Global Forest Resources Assessment 2020[1] calcola che le foreste coprano una superficie complessiva di 4,1 miliardi di ettari, pari al 31% della superficie del pianeta (quasi mezzo ettaro per persona, se la distribuzione fosse omogenea). Anche in Italia le foreste occupano quasi un terzo del territorio nazionale (il 36,7 %), ma mentre a livello mondiale esse tendono a ridursi (sono 178 i milioni di ettari di boschi e foreste persi dal 1990), nel nostro paese hanno aumentato la loro estensione. Dal punto di vista del paesaggio e dell’uso del suolo, i boschi e le foreste costituiscono dunque importanti ritagli di territorio. In più, attraverso di essi, le comunità beneficiano di servizi ecosistemici che sono fondamentali per la vita e il ben-essere di tutta la collettività, quali (cfr. Manifesto per la selvicoltura ecosistemica[2]): la conservazione del suolo e delle risorse idriche, la salvaguardia della biodiversità, la mitigazione dei cambiamenti climatici, il contrasto alla desertificazione, la possibilità di ricavarne prodotti legnosi e non legnosi, e biomassa per la produzione di energia.

Le aree boscate sono oggetto di una varietà di rappresentazioni che oscillano tra visioni benevole, in cui il bosco è visto come luogo accogliente e provvido (spesso utilizzato come ambientazione per favole e racconti e da cui le comunità ricavano risorse e benefici di varia natura) e visioni in cui il bosco assume i connotati della foresta oscura, selvaggia e ostile all’uomo. Queste diverse visioni non trovano però riscontro nelle attuali condizioni delle superfici boscate. In Italia come nel resto dell’Europa, i termini bosco e foresta identificano entrambi porzioni di superficie terrestre contrassegnati dalla presenza di vegetazione arborea a alto fusto (alberi e arbusti). Se, un tempo, con il termine bosco si indicavano le aree boscate che, più vicine al paese, potevano essere raggiunte a piedi e coltivate, con il termine foresta (che non a caso mantiene nella propria etimologia il riferimento a ciò che ‘sta fuori’) si indicavano le zone alberate più remote e selvagge. Oggi, questa distinzione è del tutto decaduta: indipendentemente dalla posizione occupata, non esiste alcuna realtà ambientale che, connotata dalla presenza di alberi a alto fusto, non sia stata manipolata dall’uomo in qualche epoca passata. A sancire questo status quo in Italia è anche intervenuto il Legislatore. Con il DLgs 34 del 2018 (testo unico forestale) si è infatti stabilito che bosco, foresta e selva possano essere utilizzati come sinonimi.

Boschi e foreste sono presenti ovunque nel Paese, e in modo particolare in Toscana (10,4% della superficie forestale nazionale), in Piemonte (9,8%) e in Lombardia (8,7%).

A livello nazionale la fondazione Re Soil, promossa da Università di Bologna, Coldiretti, Novamont e Politecnico di Torino, ha calcolato che dal 2005 al 2015 la superficie boschiva è aumentata di 587 mila ettari, per complessivi 11 milioni di ettari, e i metri cubi di biomassa sono aumentati del 18,4% (da 144,9 mc per ettaro a 165,4)[3]. Lo stock di carbonio organico immagazzinato è quindi passato da 490 milioni a 569 milioni di tonnellate e la CO2 sottratta all’atmosfera è passata da 1.798 milioni a 2.088 milioni di tonnellate (+290 milioni di tonnellate).[4]

Una fotografia apparentemente positiva, che però non dice tutto sulla situazione dei boschi e delle foreste. Nel nostro paese, oggi, il patrimonio forestale è in larga parte abbandonato e non governato dal punto di vista della pianificazione territoriale. Nel solo 2021, sono andati in fiamme quasi 159mila ettari di bosco. Un danno sociale, oltre che ambientale e economico, rispetto al quale i cambiamenti climatici sono una concausa rilevante, ma non necessariamente la più importante. Periodi anomali e prolungati di caldo e siccità tendono infatti a favorire la propagazione degli incendi, la cui origine è però il più delle volte dovuta all’azione umana.

Per Coldiretti, per salvaguardare e difendere i boschi dai rischi a cui sono esposti (oltre agli incendi, altri rischi rilevanti vengono dai fenomeni atmosferici estremi, dal consumo di suolo e dalla diffusione di malattie, come nel caso della peste suina) occorre innanzitutto contrastare l’allontanamento dalle campagne degli imprenditori agricoli e valorizzare le funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio da questi svolte. Un’opportunità può arrivare dagli investimenti in favore delle filiere locali del legno, con un conseguente aumento della domanda interna di legname. L’Italia attualmente importa dall’estero più dell’80% del legno necessario alle industrie del mobile e della carta, e per il riscaldamento. “L’industria italiana del legno è la prima in Europa, ma con legname che arriva da altri Paesi vicini come Austria, Francia, Svizzera e Germania a dimostrazione di un grande potenziale economico inutilizzato” (Coldiretti).

Solitamente, la crescita dei boschi è controllata o gestita dall’uomo attraverso due principali forme di governo: le fustaie, dove la vegetazione si riproduce per via gametica attraverso i semi e la cui espansione viene periodicamente regolata dall’uomo ogni 10-30 anni; e i cedui, la cui riproduzione avviene per via vegetativa, cioè attraverso le radici. Di recente, però, si assiste a un aumento delle superfici boschive spontanee, che tornano a occupare gli spazi un tempo occupati dalle attività agro-silvo-pastorali tradizionali, oggi abbandonati.

Un maggior presidio dei boschi, anche finalizzato al suo sfruttamento economico, consente di conseguire risultati positivi di tipo ecosistemico. Oltre che per la produzione di legno, il bosco svolge una fondamentale funzione di cattura della CO2 presente in atmosfera, contribuendo al bilanciamento dell’equilibrio ecosistemico. I boschi abbandonati a sé stessi, tuttavia, costituiscono un fattore di degrado e rischio per il territorio e diventano meno efficienti dal punto di vista del sequestro della CO2. 

Nella prospettiva di un ripensamento in chiave sostenibile dell’attuale modello di sviluppo del Paese, i boschi emergono come ambiti privilegiati di studio e azione. Attraverso di essi è infatti possibile immaginare nuove forme di convivenza con la natura, perseguendo a un tempo istanze di crescita e conservazione. Oltre che per il suo valore storico-culturale, per il suo portato estetico-paesaggistico e per il fine ricreativo, il bosco viene sempre più apprezzato anche per le sue proprietà ecosistemiche e di regolazione del clima. Al centro dell’interesse vi è oggi in particolare la capacità di catturare la CO2 presente in atmosfera e mitigare così l’impronta ecologica degli insediamenti che sorgono nel suo intorno.

Di qui l’intento del presente Manifesto di attivare sul tema dei boschi una discussione aperta, positiva, operativa e localmente partecipata, che, commisurata alla particolarità dei luoghi e del periodo storico che stiamo vivendo, catalizzi interessi e consensi attorno a pochi orientamenti paradigmatici.

Il primo di questi orientamenti o nuovi paradigmi del bosco riguarda la necessità di immaginare presso le comunità forme nuove di vivere il bosco e entrare in armonia con esso, approfondendone la conoscenza e condividendone i destini, piuttosto che cercando di appropriarsene per soddisfare le proprie esigenze. Da questo punto di vista, la letteratura indentifica una ulteriore nuova forma di attribuzione di valore, in base alla quale la natura è considerata al pari di un membro della comunità di individui che popolano un dato territorio.

Il secondo orientamento è quello che contempla come necessario il coinvolgimento attivo delle comunità locali nei confronti dei propri boschi. Un coinvolgimento che passa attraverso i sentimenti, l’educazione ambientale e la sensibilizzazione.  In pratica, occorre trovare i modi migliori per fare sì che le persone si sentano coinvolte e co-responsabilizzate nella cura del bosco.

Nel fare ciò, un importante punto di partenza è rappresentato dal Manifesto per la selvicoltura sistemica promosso dall’Associazione italiana di scienze forestali - AISF[5], al cui interno si richiama l’importanza dell’assestamento forestale e di una applicazione diffusa dei principi della selvicoltura sistemica estesa agli operatori forestali, così come agli amministratori locali e ai proprietari dei terreni. In questo Manifesto, così come in quello promosso da AISF, l’obiettivo è favorire la partecipazione attivada parte delle comunità.

Il presente Manifesto, in particolare, si rivolge ai territori che ospitano parti di questo fondamentale patrimonio e ai loro amministratori per sostenere l’urgenza di una condivisione sostenibile dei valori del bosco e dei problemi legati alla loro gestione e attraverso la definizione di obiettivi e intenzionalità operative comuni, da realizzare attraverso progetti pilota e una rete insieme scientifica e progettuale di interventi ad hoc. All’interno della totalità delle superfici boscate del Paese si riscontrano infatti molte diverse situazioni ambientali, economiche, sociali e culturali, che riflettono la varietà degli scenari territoriali che articolano il Paese.

 

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Un manifesto per…

  

  1. Condividere i valori del bosco

Oggetto del presente Manifesto è il bosco in quanto porzione di territorio alberato, nei confronti del quale le comunità sviluppano forme diverse di interazione e peculiari attribuzioni di senso e di valore. Il tipo di immaginario che ne deriva dipendein primis dalle caratteristiche della comunità e dei modi in cui essa entra in relazione con il bosco, ma anche dal modo in cui essa tende a concepire l’ambiente naturale. Per esempio, non è infrequente che in materia di gestione del bosco le decisioni assunte dai soggetti preposti a questa funzione (amministratori pubblici o proprietari privati) ondeggino tra posizioni ideologiche contrastanti, in base alle quali l’intervento dell’uomo è a volte ritenuto indispensabile, altre volte inutile quando non nocivo.

Certamente, un primo modo di guardare al bosco risponde a una visione antropocentrica e utilitaristica della natura. Secondo questa visione, il bosco acquista valore e merita di essere fatto oggetto di cura da parte delle comunità in virtù dei prodotti materiali che esso produce. La pratica stessa della gestione forestale fa riferimento al valore strumentale del bosco. Alla base della visione “classica” della selvicoltura e dell’assestamento forestale vi è la volontà di stabilire criteri e pratiche di intervento capaci di massimizzare e rendere costante nel tempo la produzione legnosa dei boschi. Tradizionalmente, l’oggetto di attenzione della gestione forestale è la produzione di legno per costruzione, mentre il legno per finalità energetiche, come il pellet, è considerato solo in seconda istanza. In aggiunta, il bosco produce diverse varietà di prodotti minori (funghi, piccoli frutti, arbusti, erbe officinali e altri prodotti del sottobosco), la cui raccolta è normata solo in parte e che per la quota maggiore restano all’interno di circuiti locali di autoconsumo.

Oggi la visione che lega il valore del bosco alla sua efficienza produttiva tende ad essere sostituita da una visione più olistica, che ne contempla i prodotti materiali e immateriali, quali i servizi e le funzioni ecologiche che vanno a vantaggio del benessere dell’umanità e dell’intero ecosistema.

Un secondo modo di guardare al bosco (raro nell’approccio selvicolturale, ma presente nelle politiche territoriali e di conservazione ambientale) ne riconosce il valore intrinseco, indipendentemente dai beni prodotti. Questa visione si colloca nel solco di un approccio biocentrico alla natura e si accompagna a un generale movimento di riscoperta della sostenibilità quale strategia globale di crescita e sviluppo. Nel corso degli ultimi decenni, nuove funzioni e ruoli produttivi e sociali attribuiti alle foreste dalla collettività hanno determinato una crescita dell’importanza, ma anche della complessità nella gestione dei boschi. Il quadro istituzionale e normativo sia a livello italiano, sia a livello europeo e globale, ne ha riconosciuto la multifunzionalità e la gestione forestale si è  andata orientando verso approcci selvicolturali meno rigidi e metodi di pianificazione adattativi (tra gli ultimi indirizzi politici prodotti in Italia, si segnala l’uscita nel febbraio del 2022 della Strategia Forestale Nazionale di validità ventennale[6]).

Diversamente da altri tipi di asset del territorio oggetto di interventi e politiche da parte dell’uomo (infrastrutture, edifici ecc.), il bosco è una componente viva e dinamica. Il bosco è un sistema biologico vivente e in quanto tale prefigura un soggetto di diritti che va tutelato, conservato e difeso. In più, esso interagisce attivamente con la dimensione abiotica e biotica sotto molteplici punti di vista contribuendo alla biodiversità, al paesaggio, e alla produzione di esternalità (beni e servizi) ecosistemiche.

Nella prospettiva di questo Manifesto, il bosco ha valore rispetto a tutti questi punti di vista e tutti concorrono a formare una visione sostenibile del bosco e del suo sviluppo nel tempo.

In particolare:

  1. Si riconosce al bosco un significato storico-culturale, estetico-paesaggistico e ricreativo
  2. Si riconosce al bosco un ruolo chiave per lo sviluppo socioeconomico, la salvaguardia ambientale, la produzione di beni e servizi
  3. Si pone attenzione alle necessità rapportate al bosco sia attuali sia delle future generazioni
  4. Si riconosce nel bosco un’entità vivente che ha valore in sé e per sé
  5. Si riconosce che il bosco è patrimonio di tutti e la sua conservazione assume anche un significato etico
  6. La gestione del bosco si inserisce nel criterio generale di tutela dell’ambiente normato a livello nazionale e comunitario che implica prevenzione, precauzione, sostenibilità ecologica, economica e sociale

Tuttavia il bilanciamento tra i diversi valori non può essere deciso a priori e in modo universale: esso dipende dalle particolari condizioni territoriali al cui interno il bosco si inserisce e dalle particolari relazioni che esso instaura con le comunità locali di riferimento. I valori del bosco vanno co-costruiti all’interno della comunità, in un processo di condivisione che riconosce nel bosco una componente costitutiva del territorio e del suo sviluppo.

Il nostro vivere è individuale, ma anche collettivo e l'ambiente naturale boschivo è parte della collettività che viviamo e di cui siamo fatti. L'altro, l'ambiente, fa parte di noi: ne siamo fatti perché la nostra vita individuale sarebbe impossibile senza. Essa trae esistenza dal contesto in cui siamo immersi, dalla terra che abitiamo e che ci abita a sua volta: se qualcosa abbandoniamo, la terra lo incorpora, se qualcosa prendiamo (come aria, acqua, cibo), viene dalla terra. Attraverso l’esperienza diretta del bosco, questa relazione si percepisce di più.

 

 2. Delineare il quadro delle opportunità e dei problemi delle aree boschive

Se da un lato la comunità scientifica e politica internazionale va nella direzione di una nuova concezione del bosco, che ne apprezza e riconosce i differenti valori, dall’altro lato le prassi di controllo e cura dei boschi si sono andate progressivamente riducendo. In Italia, per il concorrere di spinte economiche (mancanza di fondi e limitata redditività del bosco) e politiche (scarsa considerazione da parte del governo e delle istituzioni) e istituzionali (frammentazione e difficile attribuzione delle proprietà), le prassi di gestione dei boschi si sono molto allentate. Da un lato, l’abbandono in montagna e in collina delle pratiche tradizionali di allevamento e coltivazione (ad esempio a terrazze) ha fatto venire meno le pratiche informali di sorveglianza e pulizia dei boschi un tempo svolte dagli imprenditori agricoli e dai residenti, lasciando spazio all’avanzata del bosco di invasione sulle aree abbandonate dall’agricoltura. Meoni (2020) su dati FAO rileva che in Italia, anche grazie ai nuovi boschi “di riconquista”, mai si erano avute così tante foreste da secoli. Soprattutto in montagna, il progressivo abbandono delle attività agricolo-forestali in favore di attività più redditizie (industria, artigianato), ha provocato una riduzione degli interventi selvicolturali, che ha a sua volta limitato l’efficienza bioecologica dei boschi. A concorrere al degrado hanno poi contribuito altri fattori, tra cui l’aumentata frequenza degli incendi, le pratiche di pascolo incontrollato e le utilizzazioni forestali non razionali.

Dall’altro lato, anche il pubblico ha ridotto le risorse e quindi la propria capacità di presidio del territorio. Il bosco da luogo di cura è diventato luogo incolto, da risorsa è diventato rischio. I principali problemi connessi con questo processo, in parte anche accelerati dal rapido cambiamento climatico in atto, sono incendi, infestanti (parassiti e specie vegetali aliene) e instabilità idrogeologica.

A fronte di questi problemi i territori hanno l’opportunità di riappropriarsi di una porzione di territorio che contribuisce significativamente a contrastare le minacce in atto e costruire localmente un nuovo modello di sviluppo sostenibile.

L’approccio classico alla selvicoltura e all’assestamento ha semplificato i sistemi forestali per rendere prevedibile e controllata la produzione e per ottenere il massimo reddito fondiario. Questo ha provocato un appiattimento, una uniformazione dell’offerta e una maggiore esposizione alla competizione. Nella nuova ottica che si va delineando, i boschi devono essere valorizzati anche in ragione delle loro specifiche caratteristiche e potenzialità e delle attese delle popolazioni residenti. Questa nuova attenzione per le funzioni sociali e culturali dei boschi ne rende la gestione più significativa ma anche più complessa. Per questo, accanto alle indicazioni tecniche della pianificazione e manutenzione sostenibile dei boschi, è necessario prevedere un modello più ampio di azione, al cui interno realizzare non solo una partecipazione ampia e diversificata degli attori del territorio, che con la loro partecipazione accettano di intraprendere un vero e proprio percorso educativo e culturale nei confronti dei boschi, ma anche la messa in rete delle iniziative avviate nei diversi sistemi boschivi.

I principi ispiratori di questa nuova prassi sono:

  1. Il bosco è un sistema biologico complesso che richiede strumenti complessi di gestione e prospettive di breve, medio e lungo termine
  2. Il bosco è un sistema territoriale che richiede interventi pianificati a livello territoriale
  3. Il bosco svolge funzioni di pubblico interesse e deve essere quindi tutelato dalle collettività per le collettività
  1. Il bosco è patrimonio di tutti da trasmettere alle generazioni future in condizioni ottimali
  1. Il bosco è un patrimonio universale che va tutelato per l’efficienza funzionale dell’ecosistema e la sostenibilità di tutto il pianeta
  2. Senza interventi da parte dell’uomo di cura e assestamento, già nel breve termine il bosco va incontro a processi di riduzione della biodiversità e degrado
  3. L’assestamento forestale ordina nel tempo e nello spazio la gestione e l’uso dei popolamenti forestali per garantire nel presente e nel futuro le loro principali funzioni ecologiche, economiche e sociali

 

 

 3. Riconoscersi in un sistema di obiettivi e priorità che riportino i boschi al centro delle comunità e della politica

Nell’affrontare la sfida di un nuovo modello di gestione delle aree boschive, quale esempio di un nuovo modo di intendere più in generale il rapporto comunità umane-natura, ambiente-società, occorre avere attenzione per la storia, le caratteristiche peculiari, i racconti e il sistema dei valori che caratterizzano i singoli boschi. Come prime indicazioni operative, per fare sì che il modello attuale di intervento sui boschi pieghi nella direzione e nei principi indicati ai punti precedenti del Manifesto, si ritiene opportuno:

  1. Riportare le persone a frequentare e vivere i boschi, secondo modalità che partono dal territorio e dalle comunità, lavorando anche su aspetti quali l’empatia e la condivisione di un progetto comune, quindi la co-progettazione
  2. Comprendere che non esiste un bosco codificato, un modello definito a priori verso cui far tendere i popolamenti forestali, anche a prescindere dal loro naturale dinamismo: ogni intervento va valutato ad hoc
  3. Intervenire sui boschi per contribuire allo sviluppo locale, oltre che alla salvaguardia della biodiversità, del paesaggio, delle esternalità
  4. Adottare i principi della selvicoltura sistemica che si pone come obiettivo l’efficienza funzionale dell’ecosistema
  5. Adottare un approccio ecosistemico per promuovere in maniera equa la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse naturali dei boschi
  6. Scegliere gli interventi colturali a partire da valutazioni biologiche, ecologiche e territoriali
  7. Proteggere i boschi dalle minacce degli incendi boschivi e di altri eventi avversi quali eventi climatici estremi (come nel caso della tempesta Vaia), alluvioni, infestazioni provocate da agenti patogeni (portati da virus, batteri, insetti) ecc. che possono comprometterne la stabilità e la sopravvivenza
  8. Garantire forme diffuse sostenibili e sicure di accessibilità ai boschi per i cittadini e i visitatori oltre che per gli operatori
  9. Proteggere i boschi dall’incuria che ne aumenta i rischi
  10. Scegliere, in linea con i dettami della selvicoltura sistemica, approcci di azione cauti, continui e capillari, avversi a schemi precostituiti ma modellati sulle specificità locali e il monitoraggio delle trasformazioni indotte

Il nuovo modello di intervento proposto dal Manifesto va nella direzione della valorizzazione del territorio in tutte le sue componenti: da quelle naturali e ecosistemiche a quelle sociali, proprie delle comunità che vi abitano, secondo un approccio di tipo sistemico e responsabile alla relazione comunità umane-natura, ambiente-società. Una visione basata sulla partecipazione, la condivisione, la costruzione di una cittadinanza attiva e responsabile. Una visione che mette a sistema le risorse e genera risultati che vanno a beneficio di tutti, anche delle generazioni che verranno. In questa prospettiva, la risorsa naturale, rappresentata dall’area boschiva, diventa l’elemento su cui instaurare riflessioni in tema di ben-essere, salute, equilibrio e sostenibilità. Sono molti i benefici (sportivi, ricreativi, rilassanti, meditativi), che derivano alle persone dal contatto e dalla frequentazione dei boschi in virtù della loro dimensione storica, naturalistica e paesaggistica. Su queste proprietà ci si propone di promuovere e incentivare comportamenti positivi e responsabili, di turismo e di vita sostenibili sia per l’uomo sia per l’ambiente.

Andando nel concreto delle prassi di intervento selvicolturali e assestamentali che possono essere messe da subito al centro del confronto interno alle comunità, si menzionano: 

  1. La scelta di optare per una rinnovazione solo naturale del bosco
  2. La scelta di sviluppare le persistenze e recuperare le forme di uso tradizionale del bosco, maturate nel tempo attraverso i saperi locali, e orientate alla sostenibilità
  3. La scelta di favorire l’associazionismo forestale per rispondere ai problemi delle ridotte dimensioni e frantumazione della proprietà forestale
  4. La scelta di introdurre forme di certificazione dei prodotti del bosco

 

 4. Fare rete per trasformare le intenzionalità in progettualità e sperimentare, sui territori, un rinnovato rapporto comunità umane-natura

Il bosco va curato e abitato attraverso un progetto di comunità, in quanto bene collettivo che contribuisce allo sviluppo locale, apportando un contributo di tipo:

  • ambientale: contributo dell’area alla mitigazione della CO2, calcolo del bilancio dell’impronta ecologica (Biocapacità-Impronta ecologica dei residenti), Redazione del rapporto ambientale (risorse materiali e immateriali disponibili e impatti presenti, ecc.);
  • socio-economico: analisi/censimento delle attività economiche presenti attualmente, risorse umane e loro andamento, analisi delle risorse territoriali (invarianti strutturali, beni comuni, risorse culturali, savoir-faire, ecc.); infrastrutturale: stato dell’arte della rete infrastrutturale materiale e immateriale (BUL), analisi dei punti di forza e delle mancanze, dei punti di debolezza, ecc.
  • istituzionale e partecipativo: ricerca dei riferimenti istituzionali per il lancio del progetto, strumenti, interlocutori alle diverse scale, soggetti con cui costruire e sviluppare il progetto, costruzione di un percorso di formazione, governance di lungo periodo.

 

I boschi, anche quando limitati nelle dimensioni, restano però delle realtà molto complesse e dinamiche, difficili da comprendere pienamente se non si ha la possibilità di viverli con continuità, apprezzandone i mutamenti stagionali e quelli di più lungo corso. Anche per questo, il presente Manifesto sostiene come modus operandi il coinvolgimento attivo delle popolazioni locali nell’attività progettuale vera e propria, attraverso la raccolta (attraverso interviste questionari, storie di vita e focus group) di testimonianze, la creazione di un gruppo esteso di lavoro allargato ai tanti attori e soggetti che abitano, vivono, conoscono e agiscono in qualche modo sul territorio.

In Italia sono oggi attive diverse esperienze di gestione e pianificazione dei boschi che, già orientate verso una interpretazione del bosco quale componente della comunità locale, possono essere assunte per sperimentare i paradigmi e gli approcci veicolati dal presente Manifesto. Per fare qualche esempio, con riferimento al Piemonte, potenziali casi pilota possono essere identificati nella Zona di Salvaguardia del Bosco delle Sorti - La Communa (AT), nel Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino Vercellese, nella Zona naturale di salvaguardia dei Boschi delle Rocche del Roero ecc.

Simili contesti sono potenziali e promettenti ambiti per testare, attraverso progetti pilota, nuove modalità innovative di gestione dei boschi da parte delle comunità. Così operando, il bosco è messo al centro di un processo partecipato di conoscenza, condivisione e sviluppo sostenibile, replicabile anche in altri contesti. 

L’analisi dei documenti di piano emerge, in particolare, come il primo fondamentale passo per impostare il progetto di comunità, redigere le linee progettuali per la contemporanea salvaguardia e valorizzazione dei boschi e la promozione di percorsi sostenibili di sviluppo locale.

L’idea sostenuta dal Manifesto è quella dell’avvio di una serie di progetti pilota che possano essere scalati e che contribuiscano a creare un coordinamento a livello sovralocale (inizialmente regionale poi nazionale) dei boschi curati. Una rete nazionale dei boschi curati costituirebbe il laboratorio entro cui affinare lo scambio di buone pratiche; il metodo di valorizzazione potrebbe diventare esso stesso volano di sviluppo economico, proponendosi nel circuito internazionale del turismo sostenibile. È opinione dei sottoscrittori del manifesto che il futuro della svolta ambientale e ecologica non si raggiunga con i soli investimenti tecnologici e in infrastrutture. Soluzioni innovative come le nature based solutions (NBS) e le biocities (Meoni, 2020) potranno certamente produrre dei risultati puntuali, ma se l’obiettivo è quello di una diversa concezione del rapporto stesso che le comunità umane instaurano con l’ecosistema naturale circostante (di cui i boschi e le foreste costituiscono una porzione predominante) serve modificare il modo stesso con cui la natura è apprezzata e vissuta localmente.

In pratica, si tratta di realizzare, nella concretezza di una selezione di contesti scelti per l’avvio di progetti pilota, un doppio movimento che, muovendo dal generale al particolare e viceversa, applichi sulle comunità e i boschi selezionati, i principi e gli obiettivi del Manifesto e quindi trasformi, con l’aiuto di enti intermedi e territoriali, come le fondazioni, le evidenze raccolte in osservazioni e indicazioni di azione di tipo generale.

Di seguito seguono alcune osservazioni sui passi necessari per la definizione dei progetti pilota e per la loro esecuzione.

  1. Individuare i/il casi/o di studio su cui avviare l’azione pilota di ricerca-azione per la riappropriazione sostenibile dei boschi da parte della comunità
  2. Individuare gli obiettivi che ci si pone, sia generali sia specifici, focalizzando con precisione le intenzionalità del progetto a più livelli e specificare in cosa si intende intervenire. L’obiettivo generale è la valorizzazione della risorsa boschiva e delle risorse naturali, ecosistemiche, paesaggistiche e culturali del territorio; è opportuno condurre un’analisi e una lettura dell’area che ne metta in evidenza criticità e opportunità che indichino quale/i strada/e di progetto intraprendere 
  3. Effettuare, con l’ausilio degli attori delle comunità coinvolte, una analisi approfondita delle risorse, caratteristiche, modalità di gestione, attività, beni di interesse dell’area, tanto quanto le sue problematiche, difficoltà e fragilità. Dalla lettura unitaria di questi valori e di questi pesi, si può procedere ad esplicitare quali risorse possano distinguersi come leve di sviluppo, di cambiamento e di progetto, rispetto a quali aspetti deboli e problematici possono di conseguenza essere rimarginati e risolti 
  4. Identificati gli elementi da valorizzare, le potenzialità delle risorse da mettere a frutto e le criticità sulle quali lavorare, procedere a: redigere il piano di progetto, definire la metodologia, individuare gli stakeholder, creare il gruppo di lavoro allargato, identificare tempistiche, scadenze, obiettivi intermedi e finali. 

 

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Il Manifesto è presentato pubblicamente e proposto alla firma di chiunque - cittadino, amministratore o operatore economico - lo condivida e intenda attivarsi, nel concreto delle proprie attività e in rete con gli altri sottoscrittori, per la sua attuazione.

Dal Manifesto e dal lavoro condotto per la sua diffusione e sottoscrizione ci si attende la possibilità di conseguire obiettivi su più livelli di azione:

A livello macro: il Manifesto promuovere una rinnovata cultura del bosco basata sui concetti di comunità, gestione responsabile, sostenibilità e cura/valorizzazione del territorio. In questo si propone come documento di riferimento per la realizzazione di pubblicazioni scientifiche e divulgative sulla condizione dei boschi/foreste italiane, inclusi anche i libri di testo delle scuole di ogni ordine e grado.

A livello meso: il Manifesto apre la strada per la progettazione e attuazione di iniziative pilota che, rivolte in particolare alle esperienze di gestione boschiva che in Italia possono già contare su strumenti formalizzati di piano (es: Piani di Assestamento Forestale) e pregresse esperienze di gestione allargata a livello di comunità, possano essere il primo tassello per l’affermazione di una nuova prassi nella pianificazione e governance dei boschi.

A livello micro: il Manifesto individua nel coinvolgimento della comunità locale, che si riappropria delle matrici storiche e si fa custode delle persistenze e risorse del proprio bosco, l’elemento motore di una nuova forma virtuosa di pensare il rapporto tra comunità umane e natura.

Torino, 26 luglio 2022

  

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Per aderire al Manifesto a titolo personale, occorre compilare il form online o inviare una richiesta via mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., esplicitando di aver preso visione dell’informativa per il trattamento dei dati personali (cfr. privacy policy del Manifesto pubblicata nel sito dell’Associazione).

Un esempio di testo per l’adesione è il seguente: Il sottoscritto Nome "xxx" Cognome "xxx", richiede di aderire al Manifesto “Abitare il Bosco” autorizzando la pubblicazione del proprio Nome e Cognome tra i firmatari del Manifesto. Con la presente si conferma altresì di aver preso visione dell’informativa sulla privacy, pubblicata sul sito dell’Associazione InCreaSe. 

Per l’adesione da parte di enti e associazioni, si prega di compilare e inviare via mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. l’apposito modulo pubblicato sul sito di InCreaSe.

 

[1] Si veda: https://www.fao.org/3/CA8753EN/CA8753EN.pdf

[2] Si veda: https://aisfdotit.files.wordpress.com/2013/06/manifesto.pdf

[3] Fonte: https://resoilfoundation.org/bioeconomia-circolare/boschi-italiani-crescono-luci-ombre/

[4] Dati da Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio. Fonte: https://www.sian.it/inventarioforestale

[5] Documento scaricabile dal sito https://aisfdotit.files.wordpress.com/2013/06/manifesto.pdf

[6] https://www.reterurale.it/foreste/StrategiaForestaleNazionale


Il gruppo di ricerca InCreaSe nasce dalla convinzione che la conoscenza e l’esperienza dei propri ricercatori debbano contribuire al benessere sociale e al conseguimento di uno sviluppo sostenibile, inclusivo, equo e stabile